
Puoi correre lontano dalle città o dai boschi. Ci sono luoghi della mente, però, da cui non puoi scappare.
Ti infili ne La fuga di Martha come in una trappola: che siano gli anfratti angusti del ricovero di una setta o le ampie vetrate di una magione borghese che danno sul lago, poco cambia, "vivere o morire è la stessa cosa". Non ti è dato scegliere, la vita è un continuo scontarne le conseguenze. Il senso di colpa è un labirinto dalle pareti alte oltre le quali non è consentito sbirciare. Rimani sospeso, non sai mai troppo, non sai mai tutto. Non è importante che tu sappia tutto: "Progettare? È sufficiente esistere".
Sbarrate tutte le vie di fuga, diventa difficile anche per il regista uscire dal film. Sean Durkin percorre una soluzione elegante e drammatica. Un nero tranciante e improvviso si schiude appena ai titoli di coda e alle note di una canzone, Marlene. La canta Jackson C. Frank, ripercorrerne la storia vuol dire immergersi con tutti gli abiti nel film.
Misconosciuto folksinger newyorkese, Frank impara a suonare la chitarra a undici anni tra le corsie di un ospedale. Vi si trova per aver riportato gravi ustioni in seguito ad un incendio causato da una caldaia difettosa in cui perdono la vita la maggior parte dei compagni di classe. I soldi dell'assicurazione che incassa dieci anni più tardi gli permettono di spostarsi in Gran Bretagna. A Londra trova la sua dimensione e incide, prodotto da Paul Simon, quello che resterà il suo unico album. È il 1965. Il disco non fa fortuna, ma quelle melodie che passeggiano malinconiche sulle corde parallele della sola chitarra saranno il sussidiario su cui studieranno molti artisti tra cui Nick Drake, Bert Jansch, Sandy Danny e Roy Harper. Tempo due anni, autostima sotto i piedi e primi segnali di una fragilità emotiva accentuata dal trauma dell'incendio, e Frank torna dall'altra parte dell'Atlantico, sposa una modella che gli dà due figli, il primo dei quali muore presto di fibrosi cistica. La sua sensibilità lo trascina allora in una profonda depressione, scambiata per schizofrenia e curata peggio. Rimbalza dalle cliniche psichiatriche al marciapiede, cerca invano di ritrovare Paul Simon (mentre la madre subisce un intervento a cuore aperto) per rientrare nel giro, finché un professore universitario si imbatte casualmente nel suo capolavoro e si mette sulle sue tracce; lo trova, decide di aiutarlo a riaffacciarsi sulle scene, quando un proiettile vagante sparato da ragazzini con un fucile ad aria compressa gli striscia l'occhio sinistro e lo acceca. A cinquantasei anni la sua vita si spegne con un arresto cardiaco provocato da una polmonite.
Non c'è vi(t)a di scampo.