Vivere con il Carro è vivere con Dio, in Dio, per Dio, liberi dal male, distaccati dall’avidità, dall’invidia, dalla gelosia, dalla rabbia, dalla paura della beatitudine, dell’amore e della morte.
A muovere il Carro sulle poderose ruote ferrose insieme ai cavalli c’è l’irrefrenabile gioia di coloro che desiderano con tutto il cuore vedere il Santo protettore trionfare riccamente adornato, ricoperto di oro e addobbato di fiori, luce e colori: quando è festa è festa, e lì è la testa.
Un enorme portone in lamiera grecata marrone al n. 73 del viale Belvedere è l’ingresso del deposito nel quale è custodito il Carro e i finimenti dei cavalli, come in un tabernacolo, protetto dalle intemperie e dagli ultravioletti, impedito alla visione umana. È solo possibile immaginarlo mentre respira a malapena quel poco di aria che entra dalla minuscola grata in alto nell’arcata, calda d’estate e fredda d’inverno e allarga e restringe i legni del telaio come fossero polmoni immuni a qualsiasi Covid.
Peccato non poter godere della bellezza del Carro tutto l’anno. La visione del carro è terapeutica, è un elisir speciale che contrasta e annulla le influenze negative del mondo triste e volgare, ingiusto, traditore, vigliacco, cattivo, delatore, violento, odiante, stronzo. Di certo non è auspicabile la musealizzazione della “macchina da festa”, il Carro in una teca metterebbe tristezza a tutti. Un giro intorno al Carro però, senza salirci sopra, ci solleverebbe la morale: Il Carro gira intorno al paese un giorno e il paese gira intorno al Carro tutti i giorni.
Niente è impossibile al Santo quando l’imploriamo. Personalmente vivo già tutti i giorni con il Carro trionfale attraverso una incredibile a dirsi rappresentazione grafica; quando lo contemplo, le ruote mi rimandano al bambino che sul carro con i cuscinetti si rotolava nelle pericolose curve in discesa da Fontana del Grillo fino al confine pugliese.
Al ritorno, il carro saliva su di me.