Redazione, 23 novembre 2010, ore 13:00

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Balvano, 1980.
Un letto all'aperto e, sotto, Le cose rimaste (Mario Cresci, La terra inquieta, Editori Laterza, 1981)

 

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Basilicata, 23 novembre 1980: il terremoto sembra voler cancellare per sempre l'identità di una terra e di una cultura. Questo libro fotografico di Mario Cresci non è solo l'interpretazione del disastro, ma anche il filtro per leggere con la consapevolezza le impronte del passato e le speranze di una civiltà contadina
(dalla quarta di copertina di Mario Cresci, La terra inquieta, Editori Laterza, 1981)

 

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Mauro Bubbico, Nidi di aquile, illustrazione, 2010

 

Nei momenti successivi a un terremoto, un'alluvione, uno smottamento, pensiamo sia un'inevitabile catastrofe naturale, siamo portati ad addebitare le colpe all'ineluttabilità della vita, a dire: "Era scritto, è destino", "Nessuno ha colpa!". Col passare dei giorni, si contano i morti, si calcolano i danni e si cerca una spiegazione più razionale. Si scopre così che la colpa della distruzione è la pochezza umana, l'ingordigia, il denaro.
Con il terremoto, i muri delle case vengono giù e ci mostrano le "stanze di vita quotidiana", un letto, un quadretto sbilenco, un pianoforte polveroso, un lampadario ancora appeso, una porta sul vuoto: scene che emozionano, suscitano angoscia e disappunto, un senso di pudore per quelle vite svelate, per quell'intimità violentata.

 

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L'Aquila, 2010.
A fianco, via XX Settembre, in primo piano un'automobile accartocciata; sullo sfondo ciò che resta della Casa dello Studente (La città sospesa, Carlo Spera Editore, 2010)

Sotto: L'Aquila, piazza della Repubblica, Zona Rossa, un bambino passeggia indisturbato all'interno di una delle aree più colpite dal terremoto. Già nel 2008 la zona era considerata a rischio (© Carlo Spera Editore)

 

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Un anno dopo il sisma che ha colpito la città de L’Aquila e gran parte delle frazioni e dei comuni vicini, diciotto ragazzi, tutti studenti di prima media, si recano più volte sul territorio aquilano nel tentativo di comprendere le conseguenze del disastro. Percorrono, con le macchine fotografiche in pugno, le strade riaperte al traffico pedonale ma anche le zone interdette [...], per poi recarsi nelle new town, i nuovi insediamenti abitativi sorti nei mesi successivi al sisma. E scattano centinaia di fotografie. [...] Durante il Laboratorio di Narratologia Fotografica che ha portato alla realizzazione di questo volume, i ragazzi sono stati costretti, grazie soprattutto ad approfondimenti giornalistici e letterari, a indagare le ingiustizie con le quali l’uomo è costretto a fare i conti dopo una catastrofe. E per loro non è stato affatto facile. [...] I ragazzi coinvolti nel Laboratorio hanno dovuto fare i conti con una realtà che li ha colpiti con una violenza implacabile. Forse, per la prima volta, ragionando sulla loro natura di essere umani, i ragazzi hanno compreso di essere anch’essi parte integrante e non indispensabile di un meccanismo oramai impazzito e che la nostra specie, vittima di un sistema politico corrotto che svilisce l’etica e la giustizia, è avvezza alla brutalità e al disprezzo. Consapevolezza questa, che rischiamo di lasciare come unica eredità ai nostri figli.
A differenza delle civiltà che ci hanno preceduto, la nostra non è più in grado di produrre rovine, soltanto macerie. Non ci è permesso sapere se siamo ancora in tempo per invertire questo processo, ma sicuramente abbiamo la possibilità di opporci e di decidere di lasciare in eredità ai nostri figli anche la speranza che le cose possano migliorare, che c’è ancora una possibilità per se stessi e per il genere umano.
[...] Città sospesa, congelata, la cui vita è stata sostituita da eventi mediatici spesso surreali, L’Aquila manca di consistenza. Le strade della città, prima del sisma pullulanti di vita, sono oggi quasi deserte. Gli aquilani, sfiancati da mesi di tribolazioni, di chiacchiere televisive e promesse non mantenute, sono troppo pochi e molto stanchi. È facile riconoscerli: sono quelli con le facce attonite; li si vede camminare tra le macerie ammutoliti dal fatto che a un anno dal sisma la loro città si trovi ancora nelle condizioni in cui l’avevano lasciata. Il centro storico de L’Aquila è oggi il luogo d’incontro tra il prima e il dopo, conclusosi finora con la disfatta di entrambi. Ciò nonostante i luoghi ne sanno più di noi; e ci ricordano che abbiamo dei doveri, primo fra tutti quello di lottare affinché le ferite si rimarginino e i centri storici distrutti vengano ricostruiti. A un anno dal terremoto L’Aquila, così come tutti i centri minori colpiti dal sisma, racconta a chi è disposto ad ascoltare. E non dice menzogne.
(Carlo Spera, dalla prefazione de La città sospesa, Carlo Spera Editore, 2010)

 

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Poster di Harry Pearce e Justus Oehier (Pentagram) per Haiti Poster Project

 

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Haiti Poster Project è un progetto che ha coinvolto designer di tutto il mondo per raccogliere, tramite la vendita di poster appositamente realizzati, fondi da destinare a Medici Senza Frontiere, impegnati nell'aiuto delle popolazioni haitiane colpite dal sisma. Oltre alle donazioni, il progetto vuol aumentare la consapevolezza sociale ed evidenziare il ruolo che il design può svolgere nel trasmettere messaggi importanti.

Il progetto di Oehler è incentrato sul sismografo. La stessa parola Haiti è vittima delle vibrazioni. "Ho usato la mia penna stilografica per scrivere la parola Haiti disturbata da scarabocchi dello stesso andamento di un sismografo". Il testo semplice, pervaso dalle oscillazioni, incoraggia lo spettatore "ad aiutare a ricostruire Haiti".

Pearce ha voluto invece semplicemente catturare il peso della tristezza. "Una città come un corpo sotto un lenzuolo, silenziosa; i fatti parlano da soli".

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